MISSION: facilitare o amplificare la capacità dell’azienda nel proporre Leadership nel cambiamento, Critical Thinking, Entrepreneurship, Complex Problem Solving,
aumentando la contribuzione di ogni individuo coinvolto in tale processo.

L’illusione della legge del più forte

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Da molti anni osservo stranito i dibattiti politici: una gazzarra assoluta, dibatti sempre centrati ad accusare gli altri, nei quali i partecipanti si interrompono reciprocamente dall’inizio alla fine e dove il moderatore prova inutilmente a trarre le fila dei discorsi senza quindi arrivare mai a poter riassumere e contrapporre pensieri articolati con un capo e una coda.

Insomma, tutto si risolve – nel migliore dei casi – nella contrapposizione di slogan apodittici, spesso privi di un percorso comprensibile che connetta da dove veniamo e dove vogliamo andare: ‘abbassiamo le tasse!’, ‘i ricchi devono pagare!’, ‘priorità agli italiani!’, ‘un reddito per tutti!’.

Lasciando a prossimi interventi alcune riflessioni sul tema della progettualità espressa dalla politica, oggi vorrei, invece, condividere qualche provocazione in merito alla gestione degli antagonismi, di cui la vita quotidiana è piena: dal rivale in amore al compagno di squadra o collega di lavoro che ambisce al medesimo ruolo, fino all’impresa operante in libera concorrenza di mercato e alla ricerca del consenso politico, la persona incontra o promuove essa stessa moltissime circostanze di “concorrenza”.

La mia impressione è che oggi la ricetta più seguita per affrontare l’antagonismo sia la prevaricazione, l’ “eliminazione” dell’avversario: lo squalo che mangia tutti i pesci è il re dei mari … ecco, per me, tuttavia, lo squalo è destinato a morire di fame … e tanto più è vorace, tanto prima muore.

In questa prospettiva, invece, mi piace pensare che si possa offrire una ricetta diversa, con l’obiettivo di evitare di fare la fine dello squalo. La legge del più forte, in altre parole, finisce per essere un’illusione perché fa apparire vincente chi è inevitabilmente destinato a soccombere.

Non sono certo depositario degli ingredienti perfetti ma, per esperienza, vorrei provocare attenzione, in chiave metodologica, su almeno tre principi: rispetto, creazione di valore ed equità.

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Rispetto

Cosciente della complessità e delle innumerevoli connotazioni che caratterizzano questo vocabolo, il concetto che mi limito a porre in risalto è una moneta a due facce; mancata offesa, da un lato, e responsabilità delle proprie scelte, dall’altro. Intendo che in situazioni di contrasto, il fulcro della soluzione non risiede nella diminutio a priori dell’avversario ma, al contrario, deve ricondursi all’accento dei propri meriti, o meglio del personale ‘qualcosa in più’ nel confronto con l’operato altrui. In questo senso, a nulla vale l’offesa e a ben poco il richiamo fine a se stesso dei ‘difetti’ dell’avversario; piuttosto, è sempre utile conoscerlo quanto più in profondità possibile al fine di comprendere gli obiettivi invece cui non è ancora giunto e tentare di raggiungerli per primi. A mio avviso, l’arma vincente per mantenere il successo nel lungo periodo non è la critica ma la proposta e, pertanto, quando ci si deve esprimere in merito alla parte opposta è sempre conveniente esplicitare in modo chiaro le differenze reciproche per esaltare ciò che distingue la propria proposta (in cui si crede) e mai denigrare il prossimo pensando così di eliminarlo dalla competizione: il successo sarebbe di breve periodo e senza radici di sostenibilità. La tattica destruens in un agone è molto debole perché è sempre priva di elementi di difesa dal riproporsi di nuovi avversari e perché non lascia mai a chi aggiudica la vittoria delle motivazioni sostanziali per tale riconoscimento.

Creazione di valore

Dove c’è antagonismo, c’è sempre un soggetto terzo ai contendenti per il quale è nato il contrasto: con il rivale in amore, è la persona amata; con il compagno di squadra o il collega di lavoro, è l’allenatore o il superiore; con il concorrente di mercato, è il cliente o il dipendente; con l’avversario politico, è il cittadino. Tornando alla genesi di questo Blog, il significato più profondo della centralità del prossimo è paradossalmente più evidente nei casi di antagonismo perché è esattamente il contendente capace di procurare il più alto beneficio al soggetto terzo che riuscirà ad avere la meglio sull’avversario. Riuscire a coniugare i propri desiderata con ciò che reca il maggior grado di soddisfazione al prossimo consente di formulare la proposta vincente e a “vincere” è uno degli antagonisti, non solo il prossimo. Indubbiamente, però, creare valore per l’Altro da sé richiede un impegno molto superiore alla più semplice via della distruzione dell’avversario: per creare valore, occorre conoscere e genuinamente accogliere la domanda del prossimo come parte del proprio percorso verso l’obiettivo finale.

Equità

In generale, il termine è usato come sinonimo di giustizia, non in quanto sistema astratto ma in quanto norma seguita costantemente nel giudicare, nel governare, nel trattare ognuno secondo i meriti o le colpe, con assoluta imparzialità. Richiamo il principio di equità per porre un duplice limite: verso l’avversario e verso il terzo per cui la contrapposizione è sorta. Nei confronti dell’avversario, è essenziale non alterare l’analisi e il giudizio: nell’analisi, non bisogna disconoscere le condizioni reali in cui l’altro ha agito o è stato costretto ad agire, e, nel giudizio, non si deve muovere da una conclusione negativa decisa a priori per poi cercare di motivarla artatamente manipolando i fatti. Volgendo l’attenzione alla persona da “conquistare”, invece, il principio di equità suona come campanello di allarme per evitare di trascendere nello sfruttamento o nell’abuso della fiducia acquisita. L’abuso della fiducia accordata segna l’inizio di un atteggiamento mentale che nella quasi totalità dei casi da me osservati finisce per rompere il legame di stima e affidamento e quindi per far perdere nel lungo tempo.

Volendo osare nella provocazione, se tutti osservassimo almeno questi tre indirizzi di metodo, nessuno uscirebbe “perdente” perché la lotta sarebbe concentrata su proposte alternative intese ad apportare valore e anche chi non si aggiudica la vittoria potrebbe capire le ragioni dell’esito finale, ossia imparare come migliorarsi per la partita successiva.

Simone Rondelli

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