MISSION: facilitare o amplificare la capacità dell’azienda nel proporre Leadership nel cambiamento, Critical Thinking, Entrepreneurship, Complex Problem Solving,
aumentando la contribuzione di ogni individuo coinvolto in tale processo.

Ascoltare, Osservare e Domandare

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Nei trascorsi 20 anni ho avuto l’opportunità di vivere in diverse grandi città e di conoscere generazioni di ogni età. Proprio sulla scia di queste esperienze, intravvedo un progressivo incremento del rischio di grandi insoddisfazioni per le nuove generazioni (..e per la mia vecchiaia..) qualora l’individualismo estremo affermatosi nel tempo perdurasse nella traiettoria oggi in corso.

Tra i sintomi sempre più fastidiosi del possibile pericolo a venire, vi è la diffusa triplice incapacità di ascoltare, di osservare e di domandare. Non a caso, viviamo in un mondo in cui tutto deve essere “On-Demand”, cioè pronto all’uso, dove il merito è quasi esclusivamente legato alla quantificazione numerica dell’”output”, ossia dell’efficienza produttiva (combinazione di massima quantità, minor costo/sacrificio e qualità sufficiente per poter[si] vendere), e nel quale l’esaltazione del successo è sempre e, di fatto, solo in chiave individualistica. Attenzione, prima di puntare il dito verso altri, devo rimproverare a me stesso molti insuccessi per vizio di ascolto o di osservazione o di ricerca.

In sostanza, si è perso ogni stimolo ad insegnare o a sviluppare le tre capacità in parola. Proviamo, ora, a procedere con ordine per cercare un possibile filo conduttore che consenta di comprendere questa grave perdita. A tal riguardo, mi scuso in anticipo per la sintesi forse un po’ troppo semplificata degli argomenti che seguono ma il proposito rimane quello di aprire una provocazione e non di esaurire una tesi.

Anzitutto, credo che il punto di partenza stia nella deriva del concetto di Libertà. In particolare, se il prossimo rappresenta un limite alla mia libertà, ne discende che la dimensione entro cui posso, al contempo, cercare appagamento e tutelare il mio libero agire è la sfera esclusivamente individuale. Il passo successivo è il conseguente proliferare del relativismo assoluto: tutto deve esser permesso, fino ad elevare a modello sociale ciò che per secoli è stato ritenuto disvalore (lascio a ciascuno sceglierne esempi in TV, nella politica o nell’economia); non solo, così facendo si è ucciso il senso critico poiché una presa di posizione netta (peggio ancora se valoriale) viene letta come ingerenza nella libertà altrui e l’apertura ad un arricchimento per inclusione di opinioni di altri mina la sfera individuale e la possibilità di affermazione sociale. Il terzo passaggio ai miei occhi devastante è stata la trasposizione della scienza e della tecnologia da strumento a scopo ultimo, da cui la riduzione di tutto a numeri e macchine, e il declassamento delle relazioni umane a mere funzioni di utilità.

E allora, ascoltare è una perdita di tempo!

Nel momento in cui la relazione tra sé e l’Altro non è determinante, rivolgergli attenzione è percepito come tempo sciupato: non a caso tutto deve essere comunicato in pillole o in poche sillabe perché l’attention span è limitatissimo. Inoltre, l’ascolto appare proficuo solo nel momento in cui supporta la mia tesi o “serve” a qualcosa di immediato e materiale. Non appena il mio interlocutore differisce dal mio percorso, o lo interrompo o smetto di ascoltarlo o abbandono il campo di discussione. Da altra angolazione: io sono chiamato a fare il mio; fatto quello, fatto tutto! L’esempio nella scuola è evidente: tipicamente, il professore arriva, recita la sua parte e, nel migliore dei casi, si preoccupa che tutti abbiano compreso il suo pensiero. Ascoltare il pensiero degli studenti non ricade nel mansionario, quindi è lasciato al buon cuore. Il medico è spinto a rispettare i protocolli all’insegna dell’efficienza (vale a dire della riduzione dei costi), per cui l’ascolto del paziente oltre il limite dell’anamnesi è fuori dal protocollo. Gli anziani non producono e le loro idee sono desuete per la scienza e la tecnologia contemporanea…. Non parliamo della musica classica e il jazz … sono una “palla”, a sentire la maggioranza dei giovani.

Osservare cosa?

In una dimensione individuale, la priorità è apparire non osservare. L’osservazione richiede apertura della visuale almeno a 180 gradi e predisposizione a “ricevere” ma, tendenzialmente, io non ho bisogno di ricevere, basto a me stesso, tanto sono protetto dal principio per cui vale tutto! Osservare richiede attenzione a qualcosa che è fuori dalla mia sfera personale: qui prodest? Se la relazione tra me e il contesto di riferimento è inutile, anzi forse foriera di limitazioni alla mia libertà, perché dovrei preoccuparmi di “gustarmi” un panorama, “intervenire” in una situazione di disagio o “chiedermi se posso imparare” dal comportamento o dall’esperienza, fosse anche molto passata, di altri?

Apparire, invece, è un esercizio auto-referenziato, nel senso che è confinato a se stessi. Verrebbe da chiedersi, però, se apparire non implichi anche l’aspettativa che qualcuno ti osservi. La risposta è no, basta essere visti, cioè senza creare alcuna relazione come invece l’osservazione genera. L’obiettivo è essere notati, riconosciuti come portatori di uno status ma ai più non interessa che si verifichi alcun effetto causale tra visione e generazione o modifica di una relazione umana.

Domandare denuncia debolezza!

L’efficienza vuole risposte, meglio se suscettibili di quantificazione numerica. Ma, certamente, non domande! Oggi, porre domande a sé e ancor più ad altri, perseguire esercizi di ricerca al di fuori dal campo scientifico e mettersi personalmente in discussione sono tutte attività che denunciano insicurezza, speculazioni fini a se stesse o rifugi intellettuali per chi non ha saputo emergere nella società. Ancora una volta, se si esclude un rapporto tra Persona e Contesto, ossia collettività di riferimento, strumentale ad un miglioramento del Benessere proprio e complessivo, domandare ritorna ad essere alternativamente un’inutile sforzo o una violazione di libertà. E, infatti, il nuovo paradigma tecnologico predilige in assoluto ‘l’affermazione per convincere’ e ignora quasi sempre ‘la domanda per imparare ad agire’: al punto che anche il machine learning avviene per sintesi algoritmica del succedersi di errori e non per questionari successivi. Nessuno stupore, dunque, se i corsi di comunicazione sono sempre più incentrati sulla capacità di influenzare l’audience, in modo unidirezionale, e sempre meno sulla capacità di cogliere e ridurre le differenze tra speaker e audience, secondo un genuino flusso bidirezionale. L’influencer, l’oratore che prevarica tutti o che giudica tutto, senza però assumersi responsabilità, sono i nuovi miti o, per essere moderni, i role model.

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Io credo si debba riscoprire un atteggiamento esattamente opposto: Ascolto, Osservazione e Domanda sono gli strumenti più importanti per fortificare se stessi.

Ognuno anela ad un costante miglioramento e questo non può prescindere dall’ambiente in cui vive; e ancora, il contesto muta con frequenze assai crescenti e, dunque, la capacità di adattamento ai cambiamenti è e sarà sempre più essenziale. A mio avviso, è impensabile riuscire a con-vivere nel proprio contesto e ad adattarsi ai suoi mutamenti in modo “proficuo” senza saper ascoltare, osservare e domandare perché solo così si è in grado di delineare un problema, immaginare come risolverlo ed effettivamente perseguire un progetto che superi lo stato di insoddisfazione iniziale. In altre parole, mentre l’esistenza di altre persone nel proprio ambiente di vita è un fatto (..non manca chi ancora prova a negarlo, però..), il punto è che ruolo gioca l’Altro da sé: per me è centrale, perché senza gli altri non raggiungerò mai il mio “Successo”, e quindi giova al mio benessere ascoltarli, osservarli e interrogarli. Indubbiamente, quando ci si trova ad essere soli in questa prospettiva, diventa frustrante ma non bisogna abbattersi poiché, comunque, se ne si è davvero convinti, c’è poco o nulla da perdere.

Non desidero, tuttavia, che questa provocazione suoni ai più giovani unicamente come l’ennesima presa di distanza dal pensiero prevalente ma, anzi, li esorto a considerare la riscoperta di tali tesori perduti come opportunità di acquisire elementi differenzianti, nuove frecce da mettere in faretra per aumentare le possibilità di centrare il bersaglio. Il crescente rischio di future insoddisfazioni per le nuove generazioni, infatti, risiede proprio nel trovarsi impreparati ad affrontare i cambiamenti di contesto o privi di mezzi per resistere alla spinta di terzi verso direzioni non desiderate.

Simone Rondelli

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