MISSION: facilitare o amplificare la capacità dell’azienda nel proporre Leadership nel cambiamento, Critical Thinking, Entrepreneurship, Complex Problem Solving,
aumentando la contribuzione di ogni individuo coinvolto in tale processo.

Piacere di conoscere

Durante la mia carriera professionale ho intervistato tanti candidati in cerca di lavoro e nel novero delle domande di natura tecnica, ho sempre sondato la preparazione in tema di offerte pubbliche di acquisto ostili (il tentativo di una società di acquisirne un’altra senza cercare alcun accordo ma solo formulando un’offerta agli azionisti della Target), più per una questione di metodo che non di contenuto.

Memore di un fantastico approccio didattico della mia professoressa di diritto internazionale all’università, l’argomento si presta bene ad un certo tipo di verifica. Nel corso dell’intervista ho sempre formulato due domande, a distanza di tempo l’una dall’altra, identiche nel contenuto ma differenti nella forma: “Se lei fosse l’amministratore delegato della società Target e venisse informato una domenica sera dell’offerta ostile che sta per accadere, cosa farebbe?” e dopo 10 minuti “Mi parli delle tecniche di difesa da OPA ostile”. Moltissimi intervistati hanno avuto grosse difficoltà a coniugare ciò che sapevano con un personale ruolo nella situazione mentre gli stessi non hanno mai esitato a ripetere (pure in modo articolato e non mnemonico) le informazioni acquisite dai testi.

Questo esempio riflette la differenza che, personalmente, attribuisco tra conoscere e sapere: la conoscenza implica una comprensione della relazione tra sé e le informazioni apprese o gli altri soggetti coinvolti (l’Altro da sé), mentre il sapere in se stesso, certamente sempre meritevole e in parte necessario, si esaurisce nella sfera del dato acquisito o della persona incontrata.

Questa distinzione non mira ad una dissertazione semantica tra conoscere e sapere, e neppure ad intervenire nel dibattito che in campo filosofico e letterario si avvicenda da millenni; molto più modestamente, evidenziare la differenza tra conoscere e sapere rileva a spiegare meglio l’enorme importanza che attribuisco alla conoscenza nella ricerca del Successo. La transizione dall’analisi del problema ad un’idea propria è essenzialmente guidato dal bagaglio di conoscenze da cui attingere per impiegare quelle più idonee al caso di specie al fine di immaginare una o più possibili soluzioni al problema stesso.

La consapevolezza della relazione tra sé e una serie di informazioni acquisite o di persone conosciute è assimilabile, nella via al Successo, alla confidenza che, ad esempio, rafforza il golfista nella scelta di ferri e legni da usare nei diversi colpi durante la gara. Questa relazione nasce dall’esperienza, ossia dalla messa in discussione di sé nel rapporto con le cose, i dati e le persone: il golfista che non ha mai preso in mano un legno 5, pur sapendo che esiste, non lo conosce e, soprattutto, non sa come beneficiarne.

Da un punto di vista del metodo, l’elemento chiave che ritengo permetta di conoscere è la capacità di fare esperienza, ossia domande, a sé e agli altri, per scoprire ciò che lega cose, informazioni e persone a sé.

Se il candidato ai colloqui di lavoro si fosse interrogato durante lo studio o fosse stato esaminato anche immedesimandosi nelle circostanze di un OPA ostile ai tempi dell’università, le mie domande sarebbero risultate sempre più facili di quanto non apparissero.

Nel quotidiano, l’impeto ad interrogare (sé o altri) è tanto più forte quanto maggiore è la disponibilità a “mettersi in gioco”, ad assumersi la responsabilità di un ruolo.

Quale ruolo? Il ruolo di protagonista della propria vita, ossia del rendersi attivamente coordinatore e propositore del proprio vissuto in tutte le “sezioni” della vita: famiglia, lavoro, studio, sport, divertimento, impegno sociale, amici, affetti e via discorrendo. Basta guardare la struttura di un quotidiano, meglio nella versione online, per rendersi conto che siamo spinti a vivere a compartimenti stagni, dove il lavoro - a tratti - pare essere l’unica dimensione di cui doversi preoccupare, tanto per il resto possiamo appigliarci ad una delle tante risposte disponibili in rete.

Ora, dal mio punto di vista, l’individuo è in realtà unico in ogni ambito in cui è calato: Tizio come padre, marito, uomo, professionista, sportivo, amico, filantropo, collezionista è sempre uno. Piaccia o meno, la reductio ad unum, ossia al medesimo individuo, delle tante vicende personali della vita è un fatto, non un opinione. In discussione, invece, è la volontà o la capacità di guidare il processo, di essere leader, per essere protagonisti di quell’unica propria presenza in ogni ambiente oppure concentrarsi su alcuni ambiti e accettare gli eventi, di essere follower, in altri.

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La risposta è in ogni caso libera. Ciò che mi preme sottolineare, però, è che la forza per cercare di migliorare la propria soddisfazione in un ambito è intimamente connessa con le esperienze avute anche negli altri aspetti della vita. La ricerca di conoscenza, dunque, è essenziale per trovare fonte di ispirazione al fine di star meglio. Ecco, allora, che esperienze d’arte, spettacolo o filosofia possono risultare determinanti nell’immaginare un’idea che risolva un’empasse negoziale durante l’acquisizione di una società, oppure che la conoscenza della matematica è certamente in grado di alimentare il genio creativo di chi disegna gioielli o, molto più semplicemente, il momento di svago concesso da un hobby consente di liberare la mente per poi trovare la tranquillità di dialogare con un figlio in modo più costruttivo o aperto ad ascoltare.

In questa prospettiva, inoltre, oso dissentire con chi esalta il sapere come massimo numero di informazioni acquisite e collegate tra loro, disdegnando il merito, invece, di un minor numero di informazioni a beneficio di una loro maggiore ‘conoscenza’ da parte della persona che le acquisisce. Se qualcuno pensa che stia mal celando una velata critica all’apologia della tecnologia come prioritaria all’Uomo … fa bene, tolga pure il velo perché il riferimento (appena accennato) è voluto, non casuale.

Infine, a tutti è evidente che non è uguale ‘sapere chi è qualcuno’ e ‘conoscere qualcuno’; al contrario, tuttavia, non è sempre immediato soffermarsi a insegnare, spiegare o capire che differenza c’è tra ‘sapere qualcosa’ e ‘conoscerla’. Se penso al pericolo che oggi viviamo di affidarci al sapere prevalentemente tramite la comunicazione mediatica di giornali e social media, lo stimolo a conoscere, nel senso di volere comprendere la relazione che c’è tra un argomento e me stesso, potrebbe essere la chiave di volta per riconquistare la vera libertà.

Simone Rondelli

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Arte: emozione e libertà

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