MISSION: facilitare o amplificare la capacità dell’azienda nel proporre Leadership nel cambiamento, Critical Thinking, Entrepreneurship, Complex Problem Solving,
aumentando la contribuzione di ogni individuo coinvolto in tale processo.

Esiste una terza via?

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Oggi vorrei svelare il filo conduttore sotteso alle prime dieci provocazioni proposte su Etica-Mente.

Tutto muove da situazioni di disagio nell’osservare il mondo intorno a me, che pur continuo ad affrontare come una bellissima sfida. Tuttavia, da un lato, mi lamento di come va il mondo (e son convinto di non aver tutti i torti) ma, dall’altro, io che faccio per cambiare o migliorare ciò che critico?

Il ripetuto richiamo alla centralità del prossimo, l’esortazione all’assunzione di responsabilità e la sollecitazione a salire sul palco della propria vita come attori protagonisti sono prima di tutto le risposte che negli anni ho dato a me stesso nella ricerca di chi devo essere o diventare per stare meglio. Le ho volute portare su uno spazio pubblico come provocazione ad altre persone con l’auspicio, sì, che possano essere condivise ma, non meno importante, anche per provocare reazioni che possano indicare risposte migliori.

La prospettiva di un benessere affidato alternativamente allo Stato o al mercato ha subito contraccolpi fortissimi ed entrambi questi due storici antagonisti non sono più credibili allo scopo; la forza di una fede religiosa, per chi ce l’ha, è messa ogni giorno sempre più a dura prova. Se a questo si somma il sopraggiunto predominio della tecnologia che pretende di sostituire l’uomo o relegarlo a strumento per giungere a persone “utili”, arriviamo ad affiancare all’assenza di un pensiero generale a cui aderire o contro cui lottare anche l’indifferenza sempre crescente verso chi ci è vicino.

Risultato?

Negli ultimi trent’anni la Persona è uscita di scena.

Le relazioni interpersonali sono sempre più affidate ai social media, alla cultura è stata attribuita una sempre minor ragion d’essere, le differenze sociali, non solo economiche, si stanno ampliando a dismisura, dando ormai per scontato che l’aumento degli “invisibili” sia una inarrestabile e naturale evoluzione della specie. Siamo giunti anche al paradosso per cui le economie più prosperanti, sia in piccolo sia in grande, sono quelle connotate da governi dirigisti (si pensi a Singapore e Cina, per esempio), quasi a dimostrare l’assurdo e certamente a mettere in discussione la democrazia.

Ma c’è fame di nuove idee, di un pensiero nuovo ?

Qualche sintomo di una risposta positiva, secondo me, esiste. Basti guardare come una sedicenne riesce a movimentare le masse dal Belgio a tutta Europa in nome dell’attenzione ai cambiamenti climatici; e al contempo all’incapacità della politica di ribattere in modo credibile e fondato. Ma ancora, nel mondo della finanza e dell’imprenditoria gli investimenti ad impatto sociale e le imprese sociali sono in crescita esponenziale, anche perché incominciamo a vedere i risultati di chi si è mosso per primo; l’evoluzione della Corporate Social Responsability è passata da un pseudo-scherzo ad un elemento chiave nella presentazione delle aziende all’esterno. A mio parere sulla stessa lunghezza d’onda c’è pure la riscoperta degli studi classici da parte di chi è andato in pensione: vuoi che sia l’arte antica, la musica, le lettere classiche.

Ed è proprio sulla base di questa alternanza tra insoddisfazione e ricerca di un nuovo pensiero che mi pare possa riscontrarsi un’esigenza di qualcosa che dia ristoro alla preoccupazione di benessere personale, ma al contempo anche dell’intera comunità di riferimento.

Ecco, su questi presupposti mi son chiesto che cosa ha funzionato nel mio piccolo e la risposta è stata, per tutte le ragioni che ho scritto nei primi articoli, la centralità del prossimo quale viatico di benessere individuale, capace di rendersi estensibile a tutti gli ambiti, e sociale.

In conclusione, tra affidamento allo Stato, da un parte, e al mercato, dall’altro, può esistere una terza via in cui si riscopre la forza, la dignità e il rispetto di ogni Persona? Una terza via in cui ognuno si assume la responsabilità di includere nei propri confini di influenza il miglioramento degli altri in ragione, peraltro, di una circostanza oggettiva di appartenenza di sé ad una comunità? Un’appartenenza che consenta di cercare certamente il proprio benessere ma senza impedire ed anzi aiutando altri a aumentare la loro soddisfazione?

Io ho abbozzato provocatoriamente per chi legge una risposta ma mi piacerebbe tantissimo che ci fossero o sbocciassero idee alternative.

A voi la parola !

Simone Rondelli

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Buon Ascolto !

Pensare in grande